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Pagamento delle retribuzioni: stop all’uso dei contanti

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Pagamento delle retribuzioni: stop all’uso dei contanti

ANCORA TRAPPOLE, BUROCRAZIA E SANZIONI

A far data dal 1° luglio 2018 i datori di lavoro o committenti dovranno corrispondere ai lavoratori la retribuzione, nonché ogni anticipo di essa, solo attraverso una banca o un ufficio postale.
Sarà vietato ogni pagamento di denaro contante direttamente al lavoratore, qualunque sia la tipologia del rapporto di lavoro instaurato, indipendentemente dalle modalità di svolgimento della prestazione e dalla durata del rapporto: inclusi dunque quelli occasionali o di brevissima durata. Esclusi dal divieto solo i rapporti di lavoro instaurati con le pubbliche amministrazioni e (a certe condizioni) quelli relativi agli addetti a servizi familiari e domestici, per i quali il pagamento in contanti sarà ancora possibile.
Le retribuzioni potranno essere pagate:
– con “strumenti elettronici” non meglio precisati dalla norma, oppure:
– tramite bonifico su conto identificato dal codice IBAN indicato dal lavoratore, oppure;
– mediante assegno. L’assegno a differenza dei contanti potrà essere consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo impedimento, a un familiare o convivente di quest’ultimo.
Se il datore paga tramite bonifico, dovrà quindi ottenere preventivamente (e conservare in caso di controlli) una dichiarazione sottoscritta dal lavoratore nella quale quest’ultimo indichi l’iban del proprio conto corrente.
Qualora invece opti per l’assegno, il datore dovrà documentare (ad esempio chiedendone la firma in fotocopia per ricevuta) che la consegna del titolo sia avvenuto direttamente nelle mani del lavoratore, o di un suo familiare convivente, espressamente delegato dal lavoratore ed identificato dal datore.
Per il caso in cui il lavoratore non sia in grado di accettare pagamenti elettronici e non disponga di un conto corrente su cui ricevere bonifici o versare assegni, il pagamento in contanti rimane possibile “presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento”.
Chi pagherà con modalità non (più) consentite si esporrà al rischio di sanzioni fino a 5000 euro per ogni singola violazione contestata. Ma chi paga in contanti rischia pure di dover pagare lo stesso stipendio una seconda volta: nella legge infatti si precisa che “la firma apposta dal lavoratore sulla busta paga non costituisce prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione”.

Ed in assenza di diversa prova, il dipendente potrebbe sostenere di non aver ricevuto nulla…

Avvocato Francesco Tessari – Studio Legale Tessari